Spesso nell’immaginario comune quando si parla di inquinamento e di polveri sottili, il trasporto viene considerato come la causa numero uno delle emissioni di Co2. La principale fonte di inquinamento responsabile della formazione di PM10 e PM2.5 nelle città, oltre all’agricoltura e ai processi industriali, è però rappresentata dagli edifici.
Nel complesso, le emissioni di Co2 dal comparto delle costruzioni sono principalmente guidate da due componenti: lavorazione delle materie prime per edifici e infrastrutture (per il 30%) e operazioni di costruzione (circa il 70%). Rispetto ai materiali, Il contributo delle materie prime proviene principalmente dalla produzione di cemento ad alta intensità energetica e dai metalli. ll contributo delle attività di edilizia commerciale e residenziale è invece determinato dal riscaldamento degli ambienti e dell’acqua all’interno degli edifici, dalla dispersione di calore dovuta allo scarso isolamento e da altri consumi energetici come l’illuminazione, l’aria condizionata e gli elettrodomestici. Se non viene affrontata, la produzione di carbonio dell’ecosistema delle costruzioni dovrebbe crescere nei prossimi 30 anni mentre cerchiamo di soddisfare le esigenze di una popolazione in espansione e di un’urbanizzazione in crescita.
Fortunatamente, secondo una ricerca, il settore costruttivo sta sempre di più investendo nella sostenibilità: il 10% dei dirigenti che lavora in questo settore ha dichiarato di aver già aumentato gli investimenti in misure di sostenibilità dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Fornire incentivi agli attori della catena del valore affinché intraprendano azioni congiunte è una parte necessaria del processo di decarbonizzazione del settore!
Dando un’occhiata più da vicino alle emissioni derivanti dal funzionamento degli edifici esistenti, vediamo che all’interno dell’Unione Europea, il 70 percento del consumo di energia riguarda il riscaldamento. Sono importanti due fattori: l’efficienza energetica dell’edificio e la fonte di energia utilizzata per il riscaldamento.
Il problema andrebbe affrontato sostituendo gli impianti domestici di riscaldamento con sistemi più recenti con minori emissioni e maggiore efficienza energetica. Oltre a questo, serve una certa consapevolezza: una riduzione degli sprechi può infatti portare a un risparmio sino al 5%. Il riscaldamento contribuisce notevolmente al peggioramento della qualità dell’aria, laddove le grandi città sono ancora caratterizzate da impianti centralizzati alimentati a gas e gasolio.
Un’ulteriore soluzione per la decarbonizzazione sarebbe anche quella migliorare l’isolamento delle abitazioni con il passaggio da un isolamento basso a un isolamento medio. Nel corso di 50 anni, un migliore isolamento può ridurre la domanda di energia di circa il 30 percento. In Europa, però, la maggior parte degli edifici esistenti non è ben isolata. L’Unione Europea stima infatti che il 97 percento degli edifici costruiti prima del 2010 necessiti di ristrutturazione per soddisfare le ambizioni strategiche a lungo termine.
L’attenzione alla decarbonizzazione e alla sostenibilità si sposterà sempre di più anche verso l’edilizia e il settore immobiliare. Non solo ma offrirà preziose opportunità per creare valore. I consumatori, infatti, stanno diventando consapevoli non solo dell’impatto ambientale del mezzo che guidano e di come viaggiano ma anche delle emissioni generate dalle loro case e luoghi di lavoro.